Rambo

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  1. ~Ade™
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    Il ritorno della leggenda
    Quando il successo finisce, rimangono due sole cose da fare: dileguarsi nella memoria o riproporre i vecchi cavalli di battaglia, nella speranza che la fortuna torni nuovamente a farci visita. Sylvester Stallone, dopo svariati insuccessi e lunghe assenze dalle scene, ha preso la sua decisione: dirigere e sceneggiare il quarto capitolo del leggendario John Rambo. Perché nella vendetta, sia essa professionale che scenica, ci crede fermamente. John Rambo si è ormai ritirato nella Tailandia settentrionale, dove lavora su un battello sul fiume Salween, a poca distanza dal conflitto tra i birmani e la popolazione perseguitata dei Karen. Svolge una vita piuttosto tranquilla e solitaria, pescando e catturando rettili e limitandosi a osservare la crudeltà della guerra civile, giunta ormai al sessantesimo anno...
    Tutto procede tranquillo fino a quando Sarah (Julie Benz) e Michael Bennett (Paul Schulze) avvicinano Rambo per chiedergli aiuto. I militari birmani, infatti, hanno riempito i sentieri di mine rendendo troppo pericoloso viaggiare via terra. Dopo l'iniziale rifiuto, Rambo decide di far loro da guida portandoli nel luogo prestabilito, tornando successivamente a casa. Due settimane più tardi, il pastore Arthur Marsh (Ken Howard) rivela a Rambo che i missionari non sono tornati, e che sono stati fatti prigionieri in un campo militare birmano; motivo più che sufficiente per far tornare Rambo nell'inferno più caldo e cruento cui abbia mai preso parte...

    Guerra calda
    Stallone adotta una stile di regia personale, virulento; ricalcando quell'approccio sanguinolento tanto caro al cinema d'exploitation anni Settanta. Per mezzo di una visione prevalentemente in soggettiva, vale a dire filtrata attraverso gli occhi dell'ex reduce del Vietnam, lo spettatore vive, con sdegno, le stesse emozioni che animano il protagonista. Il quarto capitolo di Rambo si discosta molto dalla furtività dell'originale First Blood diretto da Ted Kotcheff: sentendosi più a proprio agio quadruplicando violenza e delirio, lasciando trapelare al contempo un pizzico di autocelebrazione (non mancheranno le frasi ad effetto) e toccanti flashback che ricordano allo spettatore moderno quanta rimarchevole sia la differenza fra il vecchio e il nuovo combattente. La macchina da guerra che un tempo non faceva fatica a spargersi sulla ferita della polvere da sparo, oggi, nonostante le svariate difficoltà, dimostra di non darla vinta al tempo che passa. Così come in Rocky Balboa lo stallone italiano tornava per l'ultima volta sul ring, perché quello era il suo habitat naturale, in John Rambo assistiamo all'ultimo atto di una tragedia - geneticamente caratterizzata da superficialità narrativa e spettacolarità visiva. In questo senso l'eroe interpretato da un affaticato Stallone fa involontariamente sorridere, poiché "vecchiaia" il più delle volte fa rima con saggezza e staticità. Ma è in questa dimensione del vivere che Rambo si discosta volutamente, intento a professare la sua idea di rivincita e libertà. Insomma, sebbene con un terzo della forza, Rambo is back.

     
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  2. Pietro9966
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    I like it!
     
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1 replies since 16/3/2011, 10:16   313 views
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